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Contrappunto (Lietocolle, 2000)

Contrappunto

Clara Schumann e Johannes Brahms

Dresda, 16 novembre 1887


Brahms,

faccio seguito con una testimonianza scritta a quella penosa serata in cui mi obbligasti a cederti tutte le tue lettere, malgrado le mie motivate resistenze. Da parte mia, non ho ancora capito la vera causa della tua pressante richiesta, e sono preoccupata per l`uso che vorrai fare in futuro di queste carte a me così care.
Bruciare, consegnando alla cenere e dunque all`oblìo del mondo, una parte così significativa della nostra esistenza? oppure disporne a piacimento ai fini di una biografia che intendi curare solo tu o altri cosiddetti amici o comunque persone estranee, che potrebbero farne una lucrosa speculazione? Entrambe le possibilità sono un`offesa crudele a me (e a noi).
Non mi sono mai fidata di certe persone che ti circondavano quand`eri giovane, né, tanto più ora, mi fido ciecamente delle tue attuali amicizie. Tu - perdonami la franchezza - nelle relazioni umane sei sempre stato un po` avventato - troppo preso dalla tua arte per perdere tempo a «capire» come sono fatti gli umani, e com`è fatto il pubblico (tutti enigmi sia per te, mio caro e ingenuo Brahms, che per il mio povero Schumann).
Alle mie domande non hai saputo o voluto rispondere. Per quanto mi riguarda, le mie ragioni, intenzioni e dubbi, li metto, ora, per iscritto; così, se questa lettera non dovesse andare perduta, per merito di una tua precisa volontà o per casualità di destino, l`eventuale lettore sarà messo in condizioni di giudicare da sé.
La vita privata di un genio non deve essere omessa e occultata agli sguardi di un pubblico - presente e futuro - ma è patrimonio di tutti. La fama ha le sue regole e tu non puoi sottrarti a questo meccanismo, così come non potevi sottrarti, dopo il successo dei tuoi capolavori, alla curiosità della gente, agli applausi come alle critiche.
Hai sempre stentato ad accettare questi concetti semplici fino in fondo; stavano stretti, come certi abiti a chi, come te, propende alla pinguedine...
Inoltre, mi preme sottolinearlo per l`ultima volta, la vita privata di un genio, se ha il dovere di venire «mostrata», non può, d`altra parte, essere data in pasto a chiunque col rischio di un fraintendimento.
Chi, caro Brahms, meglio di me, avrebbe potuto conservare questa preziosa memoria? Non sono forse io la curatrice più indicata del mio Schumann e del mio Brahms? È insieme a voi due che desidero essere ricordata per il futuro. Questo privilegio, credo di essermelo ampiamente meritato.
Sono in un`età in cui si passa e si ripassa la propria vita, come, su una tastiera, una vecchia «aria». Così facendo, la chiarisco a me stessa, cerco di sistemare i ricordi, capire le cause di certi avvenimenti che mi si presentano in un flusso continuo - distinguere un lento da un allegretto, un adagio da un presto con fuoco.
Ero una brava concertista, un`interprete straordinaria - così mi hanno definito pubblico e critica: io credo di avere cercato di interpretare gli spartiti musicali - soprattutto i tuoi e quelli di Schumann - al massimo delle mie capacità: insomma, ho reso ad entrambi un buon servigio, perché è superfluo ricordarti che la musica scritta è muta, è una serie di segni neri e misteriosi, sia per chi non sa leggere una sola nota, sia per chi sa farlo perfettamente. La sua reale esistenza dipende unicamente da un interprete che ne sappia cogliere il messaggio, l`intrinseca bellezza, e quindi trasmettere il tutto a delle orecchie in ascolto.
La musica va solo ascoltata e se resta sul foglio e nessuno la esegue - o la esegue male e cioè infedelmente - non c`è, non esiste, è una mostruosa creatura semiviva. Lo so che stai ridendo di questi principi didattici così elementari. Vengo a dirlo proprio a te, non è vero? Devo essere, come tutte le vecchie, un po` indementita.
Quante volte ne abbiamo discusso, quante volte abbiamo ripetuto che l`interprete è la voce effettiva di un suono solo potenziale, è la voce qui e ora, il presente della musica...
Io, Clara Schumann, devo ringraziare voi, grandi musicisti, che mi avete dato la possibilità e il piacere di esprimermi attraverso le vostre note immortali; e voi dovete ringraziare me che vi ho dato la concreta possibilità di esistere come artisti ed essere riconosciuti come tali, qui, tra noi, nel mondo.
Io ho vissuto nel presente, nel tempo di questa società; qui ho avuto il consenso totale del pubblico. Il mio successo è anche vostro, il vostro anche mio. Siamo stati inscindibili. Perché non esserlo anche nella memoria di chi verrà dopo di noi?
Ma tu, Brahms, non mi comprendi. E da oggi sei solo una vecchia esperienza in più, un`ennesima delusione.
Io ho perso la mia musica, perché non suono più (le mie mani sono tormentate da forti reumatismi e faccio fatica persino a scriverti). Inoltre ho seri problemi all`udito. Tenere in vita la scuola di pianoforte è ancora un modo possibile di esistere, per me, anche se devo ammettere che neppure la scuola va come dovrebbe (di questi problemi ti ho già accennato, mi è difficile trovare delle insegnanti valide e non troppo onerose).
Infine, se il presente non mi appartiene più perché mi sfugge giorno per giorno, lascia almeno che mi appartenga il passato, il nostro felice e infelice passato: lo conservo dentro al cuore degnamente e altrettanto degnamente gli altri, i biografi, gli storici, tutti coloro che si occupano di «ricordare», devono rispettarlo.
Affido la mia interpretazione dei fatti non solo alla mia voce, alle tue orecchie e all`aria, ma al foglio - che è destinato a conservare parole e pensieri. Al foglio che ci assicura - se la tua scelta sarà di risparmiarlo dalla distruzione - una certa imparzialità dei posteri, una certa giustizia.
Se non restassero dei testimoni, a cosa servirebbe vivere? Se non imparassimo dagli altri e poi, a nostra volta, non trasmettessimo ad altri le nostre esperienze e la nostra vita, a che cosa servirebbe tutto questo affannarsi e soffrire? La memoria ci salva dal nulla. La nostra voce è nell`orecchio di un altro, come il suono che, facendosi udire, non rimane inespresso sul foglio muto della partitura.
Nessuno deve dimenticare, dimenticarci.

Clara


***

Ischl, 3 maggio 1896


Clara,

ti scrivo dopo una passeggiata fra i monti di Ischl: sono passati nove anni dalla tua lettera ma non ho mai smesso di riflettere alla mia eventuale risposta. Gli anni non hanno importanza, per me. Nove anni, nove secondi, il tempo di una battuta. Il mio tempo - lo capisci bene - è diverso dal tuo.
E la tua lettera sembra proprio venire da quel tempo estraneo: è così ambiziosamente «educativa» da farmi nascere il dubbio che non sia stata scritta solo per i miei occhi: è una missiva «ufficiale», di una sincerità perfettamente falsa, ben tornita nelle opinioni e nei giudizi per passare alla storia come il documento esemplare con cui Clara Schumann giudica Johannes Brahms. Vuoi consegnare agli occhi dei futuri lettori la Storia del nostro Rapporto? Vuoi essere tu l`ultima voce «pubblica» sui miei sentimenti per te e per la musica? Povera Clara, se non sai neppure che uso farò della tua lettera, se la getterò nel Reno come le altre o se la conserverò per sempre...
Ti compiango ma mi viene spontanea una domanda: se la tua lettera non è destinata solo ai miei occhi, per quali occhi sto scrivendo? Ed è giusto che risponda o non sarebbe meglio tacere?
Agirò a modo mio, comunque: ti risponderò con sincerità, come se la tua lettera fosse destinata solo a me e fino all`ultimo fingerò che lo sia. Tu comportati come vuoi: ma, conoscendoti, so che sarai tentata dal bruciare questa mia lettera vera, perché brucerebbe il ritratto ufficiale del tuo amatissimo Brahms.
Ma non importa. Ascoltami. Permetti al tuo povero e avventato amico un sincero sussulto di indignazione: è duro, dopo quarant`anni di amicizia, sentirsi classificare «una vecchia esperienza in più». So di aver meritato il grande dolore di sentirmi disamato da te, proprio perché ho fatto durare troppo a lungo il mio amore per te (come vedi, è sempre una questione di tempo). Ma la tua insistenza nel negarmi le mie lettere mi è parsa sgarbata e ipocrita, come un suono fuori tono (i vecchi musicisti sono particolarmente sensibili alle dissonanze).
Quando ti ho chiesto di restituirmele, non l`ho fatto per qualche vezzo senile: dato che non potevi più sostenere concerti e anche la scuola non andava bene, le avresti sicuramente pubblicate, rendendo pubblica un`immagine di me che non esiste. Di fatto, non voglio immagini né vere né false di me: io ho semplicemente consegnato Brahms alla musica di Brahms.
Tu vuoi conservare il ritratto delle mie abitudini, non omettere - lo dici testualmente - le virtù del genio. Ma se non sai neppure quale musica componga adesso! Se vivo come un vagabondo o come un re! Via, Clara! Non giudicarmi così ingenuo! Ieri ho sentito il vento ispirarmi quelli che, probabilmente, saranno i miei ultimi canti: li chiamerò Il canto delle Parche. Sono melodie semplici ma tu non le ascolterai e non sei neppure curiosa di ascoltarle: tu non hai tempo per il presente, devi conservare il passato.
Ma se neppure il mio presente ti appartiene più! Sono diventato vecchio, Clara, e negli ultimi mesi magro come non immagini che il tuo Brahms possa mai essere stato. Più vengo salutato da successi trionfali in tutte le città d`Europa, più so di avere sprecato la mia vita. Ho smesso da tempo di appartenere al mio tempo e so che, come oggi sono ricordato, eseguito e amato, domani mi dimenticheranno. Tu lo sai, Clara, i gusti mutano, e le scuole anche. E in fondo, cos`è mai la musica, il destino - qualche goccia nel mare...
Diciannovenne, cercavo un perché all`incendio che aveva raso al suolo metà Amburgo e distrutto le chiese di S. Nicola e S. Pietro. Non trovando nessuna risposta, fantasticai che un dio collerico e feroce si fosse vendicato della vanità degli uomini. Per tre anni suonai il pianoforte, per espiare le colpe umane, chiuso in fumosi locali notturni dove nessuno mi ascoltava, fra le macerie di una città semideserta. La luna illuminava gli scheletri dei palazzi e le porte carbonizzate. Non avevo barba, ancora. La città vecchia era un cumulo di viuzze tortuose e di fondali fantastici dove brillavano ancora gli ultimi fuochi. Allora, per la prima volta, paragonai il dedalo delle strade bruciate all`arte della variazione.
La musica scava nel tema, Clara, fino alla cellula più semplice: così ogni pietra, percorsa dal vento, si affila fino all`essenza. È finito il tempo delle grandi forme, dalle Nozze di Figaro alla Matthäuspassion. Delle grandi forme, esistono solo i fantasmi.
Fu allora che costruii l`architettura della mia musica. Che cosa saranno mai le variazioni, Clara - e qui parlo alla pianista lontana più che all`amica perduta - se non le infinite versioni di una poesia o le infinite prove di un quadro: i segni di un lavoro che non smette di lavorare se stesso, come le formiche si scavano tane nella sabbia?
Nello stesso modo mi sono comportato con l`amore che ho provato per te. Non potendo appagarlo, l`ho trasformato in un crogiuolo di forme, sempre nello struggente rimpianto di non vivere abbastanza da tradurre l`informe in note. Era come guidare una nave, in bilico sul gorgo, ma non caderci mai: era come parlare d`amore senza risolversi ad amare.
E tu, mi hai amato? A questa domanda io non saprei cosa rispondere. Anche Schumann - ne sono certo - tacerebbe. Di una cosa sono certo: se tu ci hai amati, è stato per conservare il nostro genio, non per fecondarlo. Tu vorresti che i posteri avessero di noi l`immagine che gli imponi tu - uno sforzo ingenuo e, se mi permetti, patetico, mia cara.
Quando, quella notte di carnevale, tre sconosciuti mascherati ripescarono Schumann dalle acque del Reno, egli volle solo me al suo fianco. Mi parlò del la agghiacciante che sentiva dentro l`orecchio. «Clara non mi crede - bisbigliò - non può capirmi. Questo la che mi tortura il cervello, come se avessi una cascata nel cranio, per lei è un enigma».
Un enigma, non è vero, Clara? Per te esisteva solo la musica interpretata, le note tradotte in suoni, l`ovazione del pubblico, le recensioni dei concerti. Una grande virtuosa e un`ottima madre. Cosa poteva importarti dei sospiri di un malinconico o del farneticare di un pazzo?
Tu hai vissuto da testimone, non da artista. Io, al contrario, indugiavo, esitavo, creavo ostacoli e censure fra musica pensata e musica reale. Ero come un corridore forsennato che fosse costretto a marciare sempre nello stesso punto, aprendosi una via verticale nella terra, un pozzo in cui sotterrare la sua musica.
Scavare un tema fino alla sua radice, va bene, ma trovata la radice, è lecito continuare a scavare? Oh, se io avessi conosciuto Schubert e la sua arte di dissipare note nell`aria! Se tu lo avessi eseguito più spesso!
Ricordo i tuoi concerti - ginnico virtuosismo delle mani e perfetto ritmo del fraseggio. Mancava quel tocco sporco e un po` fioco che talora commuove negli artisti grandissimi (Chopin suonava così piano che dalle ultime file della platea non lo udivano quasi). Ma eri la migliore pianista del tuo tempo: passavi da trionfo a trionfo, a Vienna come a Lipsia, ad Amburgo come a Berlino. Eppure...
Ieri sono stato sulla tomba di Billroth e un vento freddo mi è soffiato sul viso. Anche la scorsa estate l`ho passata qui a Ischl, fra i monti, invecchiando fra intermezzi e rapsodie - le berceuses del mio dolore. Tu non mi riconosceresti più.
Oggi io sono il tema e la morte è la musica che lo scava fino all`osso, lasciandomi fragile e vuoto. Trasformato da corpo vorace in viso funereo, partecipo alle cene in mio onore come un estraneo, raggelando gli scherzi con la mia presenza. Fermo in un angolo della sala, assisto spesso a un mio concerto. Mi alzo, alla fine dell`ultima nota, e amici fidati accompagnano con cautela il mio corpo. Sento i pochi metri che mi separano dalla vettura come una distanza immensa che le mie gambe, non sorrette, non saprebbero colmare. La sala si svuota. Le note della mia musica risuonano da molto lontano.
Ma vedi, Clara, risuoneranno sempre. Qualcuno mi eseguirà, come tu mi hai eseguito: non ho il problema di esistere. Gli interpreti si succederanno: Brahms resterà Brahms.
In un suo stupendo lied, Meeres Stille, Schubert fa ondulare il tema attorno a due note fisse; il tema si nasconde e risuona, come un mare intatto ma mosso dal vento. Né timbri né melodia: una musica virtuale, ai limiti del silenzio.
Il mio sogno è una stanza vasta e deserta: una musica che si forma nel silenzio e scaturisce dal buio, senza premere corde e tastiere; che nasce e si nasconde, ostile alla memoria, gelosa del suo segreto. L`opposto - come vedi - del tuo.
Già scrivendo per il consenso del pubblico, che esigeva sinfonie e sonate, quartetti e rapsodie, ho finito per tradirmi. Me ne pento ancora adesso. Ho tradito chi sono - questo flusso timbrico senza inizio né fine - soffocandolo in mezzo ad architetture convenzionali. Quelle sonorità del clarinetto, nel mio ultimo quintetto, a metà adagio, non hanno più nessun rapporto con le forme classiche, come certi canoni dell`Arte della Fuga: sono frammenti. E la mia musica più vera è in questi frammenti sottratti alla storia del mio opus completo, che nessun filologo potrà mai ricordare: solo la capricciosa attenzione di qualche mio futuro e incredulo ammiratore, turbato da una sonorità inaspettata, mi renderà giustizia.
Non rispondermi, Clara: non è necessario. Conserva quello che vuoi ma lasciami perdere. Ti vieto in assoluto di venirmi a trovare.

tuo Johannes


Il 16 ottobre 1887 Clara Schumann annota nel suo diario: «Oggi Brahms è passato di qui. Ho avuto con lui una discussione sulla restituzione delle sue lettere - cosa che mi è stata molto incresciosa e che mi lascia ancora perplessa. Se lui morisse, le sue lettere passerebbero in mano di estranei mentre qui i miei figli eseguirebbero fedelmente le sue volontà e le mie. Ma Brahms mi ha restituito tutte le mie e io mi sento obbligata a fare lo stesso. Gli ho anche detto che avrei desiderato farne degli estratti riguardanti l`uomo e l`artista; l`immagine della sua vita ne sarebbe uscita come un biografo non avrebbe potuto sperare più completa. Volevo fare questo lavoro prima di restituirle e prima che lui le distruggesse; ma Brahms ha rifiutato e io gli ho reso le lettere fra i singhiozzi». Sembra che Clara Schumann abbia, in segreto, ricopiato parte delle lettere di Brahms, che saranno poi pubblicate postume.



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