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L`invenzione del mare (Puntoacapo, 2015)
Poesie di Viviane Ciampi, Giuseppe Conte, Rodolfo Di Biasio, Marco Ercolani, Mauro Ferrari, Lucetta Frisa, Marco Furia, Elio Grasso, Mauro Macario, Francesco Macciò, Giovanni Occhipinti, Claudio Pozzani, Angelo Tonelli. Con fotografie di Lino Cannizzaro. Gita al faro L’idea è stata tua. Una passeggiata al sorgere del sole. Gita al faro. Non a quel Govery Island della Woolf, ma al faro di Portofino.Non portarti dietro nulla nessun libro, nessun sacco, pesa, fa male alla colonna vertebrale. Andremo leggeri. Finalmente l’alba negli occhi e in gola. L’alba che apre le narici l’alba ariosa dei miti dopo le notti delle battaglie e delle attese inutili,l’alba che riflette le sue dolci schegge in giro su tutto il mare, le colline e noi. Cammineremo verso l’incantesimo le sirene avranno già cantato lasciato il mare increspato di musica. Ci insegue un madrigale di Monteverdi. Allora siamo morti? Urti armoniosi battono un ritmo alieno sulla sabbia e i sassi. Si conserverà l’emozione della notte che non vuole più lacrime e ci estromette fuori, nella luce. Saremo corpi in viaggio da rinominare ad ogni sosta. Sarà bello cambiare nome essere altro. Neppure creature umane solo cose gioiose. E Itaca? un’isola di pietre dissolta da ogni passo che l’avvicina Al faro un uomo solo e poi una donna triste e dopo un po’ una coppia con due zaini enormi, qualche lucertola in fuga. E dappertutto il mare: quei due lo guardavano muti baciandosi. E ancora dopo un po’ la coppia senza zaini più vecchi e stanchi . e Il mare, sempre lui, che sta lì ancora a guardarli . Adesso siamo vecchi perché sappiamo riconoscere il presente sappiamo di essere felici adesso. La prima volta che andammo non si era visto nulla: bellezza non percepita che sfiora appena il corpo come fiato di madre e se ne vola via mescolata all’aria. Noi non si sapeva che si stava andando. Solo il mare lo sapeva. Poi l’alba sempre si congeda inghiottita dal sole. Ma c’era un faro? Un sentiero? Noi? (L.F.) Prima il sole spiegava le cose nere ora i raggi sono notturni ed è tornato, aspro, in piena luce, il freddo. Abbandonato, il corpo riscrive il suo abbandono. È lo specchio a impedirci il sonno o la rotta di quei gabbiani? Oltre il vetro dorme uno straniero e il vetro è la porta. Dietro le palpebre si rovesciano gli occhi: nuova musica, bisbigliata solo a noi, prigionieri di un cielo che smette di capirci. Partiamo verso il mare, il buio come guida e incantesimo. Possiamo viaggiare senza possedere. Scrivere senza parlare. Respirare senza promesse. Possiamo. E il buio dell’andare è l’unico bagliore. Arriveranno, senza mentire? E come arriveranno, se il sapere sfugge e gli specchi non riflettono? Vedo appunti graffiati sui vetri, autoritratti. Occorre scegliere la bocca con un gesto delle dita. Parlarsi dentro le labbra, dove ardono altre vite. ** Vorrei si scrivesse, ora, sulla mia voce, su questa pietra fitta di parole nuove, cercate per amore, distratte dalla logica. Vorrei trovare altri respiri i corpi non sono mai uno e la lingua lega i fiati taglia la morte. (M.E.)
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