Chiara Daino
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Idueas(x)ini Estratto da Idueas(x)ini
25 Maggio 2010 01:41:00
L'autore si dondolava deciso sulla U di Tarchetti – in quella *specie di spazi* che sono: i miti. Nelle letture dei medici. Letture che mai diedero quei suoi insegnanti *classici*, pervasi dai soli risvolti psicologici – abbandonarono tutti i sensi: pratici e fisici. Ci volle Iaso perché qualcuno col camice allargasse le tracce prometee: verità epatiche [quando non compromesso – il fegato si rigenera]. E per le fughe d'idee [proprie e tipiche e patologiche], l'autore capì profetizzate e *giàddette* anche tutte le realtà poetiche.
Tutte stese: le verità uroboriche. Tutte stese: sul letto di Procuste. E chi è quel gigante che spezza femore, tibia e perone? Quale enigmista mozza i *piedi* – che passano la misura? Lo stesso che allunga un *corpo* troppo corto, lo slega e lo strappa, con la tensione di corde che smembrano e squarciano, nell'Eco di Licurgo, in citazione colta...
Così l'autore vive [meglio: sopravvive] alle etichette, al glorioso codice a barre, alla panacea poetica che tutto cataloga e tutto sistema. In questa sana [?] “poesia contemporanea”. Per un accidente divino riesci a dare un tono al mono-tono del tuo verso? Prego, raggiungere l'arena performativa. E attendere istruzioni insieme a tutti gli ibridi tuoi pari. E non ti mischiare coi futuristi, i transavanguardisti e i postmodernisti [che per rinchiudere quegli indisciplinati degli ultradadaisti nei loro cortili – sono serviti anni!]. Ordine e disciplina! Dopo secoli di letteratura, che cos'è tutta questa cagnara? I figli di Foscolo la smettano di sbucare dai sepolcri, i bimbi di Burroughs la smettano di molestare i bucolici: i cut-up si svolgono solo in sala computer! E ogni tipo di innesto non turbi l'ordine arcadico! La congerie del Verso Libero non pretenda di sostituire il metro con le figure di suono e si prepari per il per il pellegrinaggio con i doganieri di Montale! Tu dove diavolo credi di andare? L'endecasillabo è naturale: fila a studiare il tetrametro trocaico! Si può sapere chi ha imbrattato il pixel con arsi, tesi e ictus?
E voi? Cantanti? Chi vi ha detto: Poeti? Siete voi capaci di Lieder? Se proprio volete accamparvi, raggiungete il campo slammer e duellate! Blocca subito quell'ermetico con la maschera sperimentale: sta scappando con un pitiambo tradotto liberamente! Cos'è tutto questo ragliare? Fermate quel piromane di Hank! Bisogna spegnere e sedare – altro che incendiare! Chiudete le finestre, le porte, le strade! Da dove spunta quest'armata di editori? Scendete sùbito dal tetto: non si recita la Poesia fuori dal salotto! Radiate *i libri di ferro* dalla Torre d'Avorio! Sopprimente ogni fermento. E imparate a friggere *di aria* per una sana contemporanea poesia, per la gloria di quella Morte che abbiamo già dichiarata. Non cercate un'altra misura, un'altra parola, un'altra plastica. Chi rifiuta l'etichetta sa già il dove la critica aspetta: «armati di fruste vi stendiamo sul letto di Procuste!».
Con tutto il rispetto – baciate quella rima che per chi etichetta: sarà l'ultima!


GO RIMBAUD!

I

Sur l'onde calme et noire où dorment les étoiles
La blanche Ophélia flotte comme un grand lys,
Flotte très lentement, couchée en ses longs voiles ...
- On entend dans les bois lointains des hallalis.
Voici plus de mille ans que la triste Ophélie
Passe, fantôme blanc, sur le long fleuve noir;
Voici plus de mille ans que sa douce folie
Murmure sa romance à la brise du soir.
Le vent baise ses seins et déploie en corolle
Ses grands voiles bercés mollement par les eaux;
Les saules frissonnants pleurent sur son épaule,
Sur son grand front rêveur s'inclinent les roseaux.
Les nénuphars froissés soupirent autour d'elle;
Elle éveille parfois, dans un aune qui dort,
Quelque nid, d'où s'échappe un petit frisson d'aile:
- Un chant mystérieux tombe des astres d'or.

II

O pâle Ophélia! belle comme la neige!
Oui, tu mourus, enfant, par un fleuve emporté!
- C'est que les vents tombant des grands monts de Norwège
T'avaient parlé tout bas de l'âpre liberté;
C'est qu'un souffle, tordant ta grande chevelure,
A ton esprit rêveur portait d'étranges bruits;
Que ton coeur écoutait le chant de la Nature
Dans les plaintes de l'arbre et les soupirs des nuits;
C'est que la voix des mers folles, immense râle,
Brisait ton sein d'enfant, trop humain et trop doux;
C'est qu'un matin d'avril, un beau cavalier pâle,
Un pauvre fou, s'assit muet à tes genoux!
Ciel! Amour! Liberté! Quel rêve, ô pauvre Folle!
Tu te fondais à lui comme une neige au feu:
Tes grandes visions étranglaient ta parole
- Et l'Infini terrible effara ton oeil bleu!

III

- Et le Poète dit qu'aux rayons des étoiles
Tu viens chercher, la nuit, les fleurs que tu cueillis,
Et qu'il a vu sur l'eau, couchée en ses longs voiles,
La blanche Ophélia flotter, comme un grand lys.


I

A filo d'onda calma e nera dove dormono le stelle,
Ofelia bianca è quasi un grande giglio in altalena,
che tanto lenta ondeggia, distesa nel lungo tulle...
- si tendono da selve lontane grida per la preda.

È qui e più di mille anni: la triste Ofelia
passa, spettro bianco, sulla lunga riva nera.
È qui e più di mille anni che la dolce follia
mormora il suo rumore nel soffio della sera.

Il vento, se bacia il suo seno, dispone a corolla
i grandi veli nella culla mite della fonte;
di salici è il fremito di lacrime sulla sua spalla,
inchini di rami nel sogno largo della fronte.

Le ninfee sfiorate, in corona di fiati;
e qualche volta veglia, nell'ontano che dorme,
in qualche nido dove fugge, in un batter d'ali:
- mistero di astri in oro, un canto che a terra piove.

II

O tu, tenue Ofelia! la bella nel modo di neve!
Ora sei morta, una bambina, dal flutto rapita.
- il vento di Norvegia nel verso che depone
diffuse piano, per te: franchigia è fatica;

e un soffio tortura la tua forte chioma,
a tono di sogno nell'anima ritratti strani suoni;
e il tuo cuore era speso al verde che chiama
nel pianto dell'albero, e nei sospiri scuri;

e la voce di mari folli, immane gemere,
troncava il tuo seno acerbo; troppo umano e troppo dolce,
e un mattino di aprile, un pallido e bel cavaliere,
un puro folle, alle tue ginocchia si pose, senza voce!

Cielo! Amore! Libertà! Che sogno, e povertà di Folle!
Tu ti fondevi in lui come una neve al fuoco:
la tua mera pupilla mutò le tue parole
- e il blu del tuo sguardo sgranò l'Infinito tragico.

III

- e il Poeta dice: alla luce di stella
i fiori che hai colto, la notte, li vieni a cercare;
e io ho visto sull'acqua, cinta nel lungo tulle,
un grande giglio, Ofelia bianca, e dondolare

[e dondolare sulla U di Tarchetti...]

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